Scuola: Cabri - Disegni - Sketchup

martedì 14 ottobre 2014

3 Anni

3 Anni
I bimbi hanno compiuto 3 anni.
E' tempo di lasciare andare la parola bimbi e cominciare a chiamarli bambini.

"Ciao a dopo" ti dicono quando li lasci a scuola
ed insieme alla gioia di vederli prendere sicurezza nel mondo
ti arriva pieno il fatto che sono ormai bambini.

Tutto
Abbiamo condiviso tutto in questi anni con loro.
Gli spazi, i tempi, le attività.
Abbiamo giocato, viaggiato, fatto acquisti e lavoretti, visitato posti e persone.
Pianto, riso, dormito, saltato, gioito.
Tutto, sempre insieme a loro.
Adesso ciascuno sta prendendo poco per volta i suoi spazi ed i suoi tempi.

Eravamo dell'idea che fosse importante stare con loro
in questi primi anni.
Forse c'era anche un nostro bisogno si stare con loro (e non riesco a farmene troppo una colpa)
ma sentivamo anche una forte loro esigenza di sentire qualcosa
di stabile e sicuro su cui poggiare tutto quello che verrà dopo.
Eravamo ligi al pensiero che un bambino sa da solo quando è il momento di separarsi
e comincia allora a chiederlo.

C'era stato, è vero, il nido l'anno scorso,
tre ore di distacco ogni mattina, ma psicologicamente
il vero distacco è arrivato adesso.

Voce in capitolo
Abbiamo dato voce in capitolo ai bimbi su tutto.
Per quanto folle possa sembrare abbiamo dato loro
voce in capitolo in molte delle decisioni quotidiane:
dove andiamo, cosa facciamo, cosa mangiamo, che libro compriamo, ...
Tavolta questo ha creato dei problemi
(come nel caso di Luca che per un anno ha voluto usare solo 3 magliette)
ed ha messo noi in condizioni a volte impossibili.

Il terzo anno di vita dei bimbi è stato
un anno di accordi, contrattazioni, discussioni, decisioni.
Noi speriamo (!!!) che questo nostro aver dato loro ascolto il più possibile,
ripagherà in futuro: i bimbi hanno acquisito sicurezza ed identità
e tutti abbiamo imparato a dialogare e rapportarsi con gli altri.

Forse, più di ogni altra cosa, questo abbiamo fatto:
imparare a stare insieme, imparare ad ascoltare,
imparare a sentire le esigenze altrui.

Spesso durante l'anno mi chiedevo:
che senso ha quello che sta succedendo?
che senso hanno tutte queste discussioni
e tutto questo loro fissarsi su qualunque cosa?

Perché non passare le giornate semplicemente a giocare allegramente?

Adesso capisco un po' meglio,
la comprensione della realtà umana viene prima di tutto
ed è per un bambino molto più interessante ed importante
che semplicemente passare le ore con i giocattoli.

La porta del bagno
Dicevo cha abbiamo condiviso tutto.
Beh, ecco, ...
Per problemi tecnici (mancanza di tempo, un tumore, ...)
non abbiamo ancora comprato la porta del bagno (provvederemo presto),
ma questo fatto è stato anche utile.
I bimbi sono sempre venuti a vedere cosa fa uno in bagno
(e talvota sono andati anche a curiosare cosa fanno gli ospiti)
ed è così che hanno imparato (ormai da tempo) a fare pipì e popò in bagno.
Hanno guardato, chiesto, indagato a lungo e poi hanno cominciato
ad usare il water da soli.
Hanno invece sempre rifiutato il vasino.

Adattatori
Per qualche motivo siamo sempre stati contrari agli adattatori:
tutto ciò che serve ad adattare il mondo degli adulti al mondo del bambino,
che serve a simulare il mondo degli adulti,
che serve per comodità agli adulti senza considerare le esigenze del bimbo,
che serve a contenere il bimbo.
Adattatore per il water, vasino, seggiolone, sdraiette, seggiolino per la macchina,
passeggino, riduttore per il letto, box, letto con le sbarre, bicchiere con tappo,
rotelle per la bicicletta ...
Forse, lo ammetto, siamo troppo estremisti ma dietro a questo
estremismo ci sono i seguenti pensieri.
Il bambino ha il suo modo di stare al mondo, secondo i suoi spazi, le sue misure,
la sua visione sull'uso ed il senso degli oggetti.
Chiedere al bambino di adattarsi lo costringe a fare le cose seconde modalità non sue
ancor prima di aver potuto provare a trovare la sua strada.
Ciò che un bambino usa deve essere fatto per il bambino
e non per la comodità dell'adulto.
Meglio far adattare l'adulto:


Questo è il nostro tavolo comune, in cui mangiamo tutti insieme (compresi gli ospiti quando ci sono). Non è difficile per un adulto stare sulle seggioline e non costringe i bimbi stare legati a tavola:
ci stanno finché interessa loro.

Mangiare
Da sempre abbiamo lasciato che i bambini mangiassero quello che volevano
(tra quello che c'è) e quanto ne volevano.
Ed erano liberi di andare via da tavola quando volevano.
Ci sono stati, all'inizio (ormai due anni fa quasi), momenti in cui ci chiedevano
se non stessimo facendo un disastro,
ma come ci hanno detto anche esperti di psichiatria infantile:
mangiare è un fatto del tutto personale,
il bambino sa benissimo gestirlo da solo.

Funziona.

Figura umana
Dicevo in un altro post che Linda disegna delle figure umane.
Eccone due:

Le "scritte" sotto alla figura umana sono, nell'idea di Linda, l'elenco degli invitati al suo compleanno


ciao,
guzman.


















venerdì 10 ottobre 2014

La decisione.

PET: non rileva più nessuna attività metabolica tumorale.
La decisione: i dottori hanno deciso di non operarmi per rimuovere i linfonodi coinvolti,
mi terranno sottocontrollo per vedere come vanno le cose.

______________________________________________

Mi sono perso negli anni.  A 16 anni in particolare.
Ho delle attenuanti. Erano condizioni troppo difficili quelle che affrontavo:
ho raccontato già, posso forse aggiungere qualcosa.

La scoperta dell'altro sesso, le ragazze.
La scoperta della psichiatria.
Avevo allora una particolare e profonda spontaneità, naturalezza, irrazionalità.
So che era così.
E per questo mi trovai ad affrontare uno scontro durissimo
con alcuni professori, con alcuni compagni di classe e soprattutto con mio padre.

Persi le forze, la sicurezza, l'immagine di me stesso.
Ho lottato come ho potuto per ritrovarla.
Ho tentato di resitere, non sempre sono riuscito.
Sono passati gli anni, molti.

Adesso, e non so bene ancora perché,
pare che ne sono uscito.
Qualcosa ha cominciato a funzionare di nuovo.
Mi sono liberato di qualcosa che mi bloccava
ma non capisco come è successo.

E' tornata la vitalità?
E, se si, cosa o chi mi ha costretto a ricrearla?

Trasformazione.

guzman.






venerdì 3 ottobre 2014

Trasformazione

Passavano gli anni.
Ma il cambiamento sperato, la trasformazione, non arrivava.
La ricerca era sempre continuata
grazie forse soprattutto ad una sorta di autoimposizione
che diceva che quel cambiamento doveva essere possibile.
Ma quel cambiamento, appunto, tardava ad arrivare.
Peggio, non si scorgevano neanche i segni
che quel cambiamento fosse in avvicinamento.
Ed anzi, era frequente scorgere i segni
di un cambiamento in direzione contraria. Di un peggioramento.
Una sorta di machiavellico e diabolico meccanismo
faceva si che gli sforzi per andare in una direzione
si trasformassero in spostamenti nella direzione contraria.

Lo schema si ripeteva da anni.
Il meccanismo era chiaro in tutte le sue dinamiche.
Chiaro come lo è un meccanismo con leve, molle ed ingranaggi
quando se ne sono scritte le equazioni che lo regolano.

Un solo aspetto sfuggiva ancora alla comprensione
ed era quale fosse la fonte di energia di quel meccanismo perverso.
Cosa faceva funzionare quel motore ?
Qual'era il carburante ?
Perché continuava ad alimentarsi anche dopo anni
che sembrava che la benzina gli fosse stata tolta ?

Bramosia, residui di rabbia, residui di odio (forse).
E poi sotto ancora: bisogno.
Questa era la benzina, il bisogno.
Il bisogno di conferme, il bisogno di rassicurazioni
rendeva ogni occasione di crescita
un rischio mortale di delusione,
trasformava la possibilità di riuscita in angoscia di fallimento.

Ad essere onesti,
forse negli anni il bisogno era un po' diminuito
ma il motore azionava ancora con grande potenza il meccanismo invertitore
ed i tentativi di trasformazione, i tentativi di rinascita,
diventavano momenti di astrazione e perdita di rapporto con la realtà.

Mancava qualcosa che bloccasse quel meccanismo
o che lo facesse funzionare in maniera diversa.
Mancava una piccola leva forse, o un piccolo ingranaggio.


Anzi no.
Due.
Erano due i pezzetti che mancavano perché tutto funzionasse a modo.

Due piccoli pezzettini.
Due piccoli pezzettini avrebbero risolto il problema.
Adesso lo so.

Adesso che due piccoli pezzettini hanno risolto il problema.

Traduco:
Linda e Luca mi costringono alla trasformazione.
Mi costringono a riuscire le separazioni mai riuscite.
Mi costringono a crescere ed a superare
le crisi ed i fallimenti irrisolti.

Adesso il meccanismo fila via molto più fluido
e soprattutto nella direzione giusta.
Senza più quella componente autolesionesista
che gli faceva invertire il senso delle spinte.

Adesso è necessario.
Adesso la capacità di trasformazione risponde
a un'esigenza di presenza umana
alla quale mi piace non sottrarmi.

guzman.


_______________________________________
Questo era il post del 22 Novembre 2011

Mi andava di rimetterlo. Mi dice ancora molto.
La trasformazione a cui Luca e Linda
mi hanno costretto è stata enorme e continua lavorare fortemente su di me.

E sul concetto di trasformazione
riespongo alcuni idee di Massimo Fagioli.

Solo gli esseri umani sono capaci di fare trasformazioni,
non semplicemente cambiamenti fisici,
ma trasformazioni interne, psicologiche, di realtà umana profonda.
Solo il concetto di trasformazione
rende possibile la guarigione dal malessere psichico,
senza di quello c'è solo contenimento del malessere,
gestione razionale del problema, isteria, euforia.

Il nome della rivista LEFT (su cui scrive Fagioli)
ha un significato geniale:
liberta uguaglianza fraternità e ... trasformazione.
Oltre alle prime tre ben note parole
si aggiunge la parola trasformazione (dell'essere umano)
per ottenere la definizione della sinistra (left). Geniale.
_______________________________________












giovedì 2 ottobre 2014

A caso.

Scrivo a caso, di tante cose.

Scrivo per cominciare della mia ingenuità nel credere
che la vita sia facile e che tutto si possa superare.
Ingenuità che diventa identità quando poi si riesce.

Scrivo della scuola materna di Luca e Linda
che, nonostante l'ovvio impegno che richiede a tutti,
sta piacendo a noi ed ai bimbi.
Tornano stanchi, un po' nervosi talvolta, ma si avverte,
molto più dell'anno scorso, che si tratta di un impegno sostenibile.
Si avverte che il distacco da noi non è più traumatico
e che ciò che accade a scuola viene visto come interessante.

Scrivo di Picasso. Siamo andati a vedere la mostra su Picasso
che c'è adesso a Palazzo Strozzi. Ci siamo andati con i bimbi.
Eravamo disposti a starci anche solo venti minuti.
Ci siamo stati invece un'ora e mezza, anche grazie ad uno spazio
dedicato ai bambini con libri, fogli e matite.
Era bello sentire parlare Luca e Linda di "Picasso".
Non so bene che cosa significasse per loro "Picasso", la parola "picasso" intendo.
Capivano qualcosa riguardo al fatto che i quadri nella mostra
li aveva dipinti un certo "Picasso" e che costui si sarebbe arrabbiato molto
se disegnavano sui suoi quadri con i pennarelli ...
ma poi aggiungevano commenti che lasciavano capire che il significato di "picasso"
era nelle loro menti una nube informe.
Linda per esempio ha detto che Milena (la sua bambola preferita)
aveva incontrato Picasso a roma ... ok, tutto bene fino a qui ...
e poi ha aggiunto che era un picasso tutto rosa perché era da femmine.
Boh!? .... Adoro i commenti dei bimbi.


Scrivo, ancora, di Linda che adora i bambini piccoli.
Fa domande sui bambini in pancia, sul parto e passa ore con la sua bambola.
In questi giorni ha anche lei la sua bambina in pancia, sulla pancia,
l'ha chiamata giuggiola:

Scrivo di Luca. Adora le simulazioni: il mercato, il cantiere, il ristorante, ...
Quando è il momento del cantiere, ossia per metà del tempo in cui gioca,
tutti i giochi che abbiamo (tubi, lego, incastri, animali, macchinine, ...)
diventano materiale per l'edilizia
e quando è il momento del mercato e del ristorante, ossia l'altra metà del suo tempo,
tutti i giochi si trasformano in pizze ed ortaggi.
Sono mesi che non vediamo usare i giochi per l'uso per cui sono stati previsti.

cantiere e mercato nella stanza dei giochi
Sono ormai mesi anche che Luca e Linda chiedono il perché di tutto.
La parola "perché" vuol dire tante cose per loro:
"me ne parli ancora?", "come funziona?", "che significa?" ...
A volte entrano in loop e continuano a chiedere perché ad oltranza,
anche quando non ha più senso ... tipo: "guarda c'è un gatto nero" "perché".

per oggi basta,
continuo presto ancora a caso ...
ciao,
guzman.